Sfida tra imballaggi: chi è davvero più sostenibile?

Il metodo LCA per quantificare gli impatti ambientali di prodotti e processi

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Quando si parla di sostenibilità, la plastica è sempre più spesso vittima di pregiudizi. La realtà dei fatti, però, può essere ben lontana dalla percezione comune.

IL MERCATO DELLA PLASTICA
Le analisi di mercato disponibili mostrano come il valore globale del settore del packaging flessibile sia in costante crescita. Nel 2020 si valuta compreso tra i 160 i 200 miliardi di dollari e si prevede possa raggiungere i 290 miliardi di dollari entro il 2025. Stando alle stime di Wood Mackenzie il 93% della quota di mercato è rappresentata dalla plastica mentre circa il 5% dalla carta/cartone.
Proprio di recente, gli imballaggi flessibili a base carta/cartone hanno mostrato una crescente popolarità presso i consumatori che richiedono imballaggi più sostenibili e percepiscono questi come la soluzione migliore anche a causa delle campagne di demonizzazione contro la plastica e le sue applicazioni.

PLASTICA VS CARTA
La carta è sicuramente più biodegradabile della plastica ma spesso viene conferita in discarica. Questo ne riduce la velocità di degradazione. Inoltre, a parità di volume carta e cartone pesano molto più della plastica. Infine, per ottenere gli imballaggi flessibili a base carta/cartone, si producono dei laminati con plastica e alluminio oppure si utilizzano resine che la rendono non più riciclabile. Carta e cartone tal quali, però, sono facilmente riciclabili perché possono facilmente essere sottoposti a “repulping”, ovvero il processo che permette di ritrasformare carta e cartone usati in pulp (polpa). Il pulp è un materiale fibroso lignocellulosico preparato separando chimicamente o meccanicamente le fibre di cellulosa dal legno, dai raccolti di fibre, dalla carta straccia o dagli stracci. Miscelata con acqua e altri additivi chimici o vegetali, la polpa è la principale materia prima utilizzata nella fabbricazione della carta stessa.
È importante ricordare però che, per applicazioni alimentari, il packaging di sola carta non esiste. È sempre necessario un certo grado di accoppiamento alla plastica. Per questo motivo non si può parlare, in senso assoluto, di dualismo plastica vs carta.

Le proprietà della plastica la rendono il mezzo più efficace ed efficiente per contenere e proteggere prodotti durante tutte le fasi del ciclo di vita. Sfortunatamente però la plastica è prodotta, per la maggior parte, a partire da una fonte non rinnovabile mentre la carta si ricava dagli alberi. La plastica, inoltre, può essere riciclata con processi meccanici e/o chimici ma è difficile raggiungere alti livelli di contenuto riciclato post-consumo a causa della possibile contaminazione.

Ed è proprio a causa di tutto ciò che produttori e converter di plastica si concentrano sullo sviluppo di soluzioni sostenibili e che cambino la percezione negativa rivolta agli imballaggi flessibili in plastica. Le principali soluzioni sono legate all’utilizzo di alte percentuali di materiali riciclati e all’ottimizzazione della progettazione in ottica riciclo.

ESISTE UNA SOLUZIONE PIÙ SOSTENIBILE IN SENSO ASSOLUTO?

Uno studio condotto per l’American Chemistry Council ci aiuta a vederci chiaro. Lo strumento metodologico che può aiutarci nel capire quale soluzione sia preferibile, da un punto di vista ambientale, per la produzione di packaging flessibile è quello della Life Cycle Assessment (LCA). La LCA è un metodo, standardizzato dalle ISO 14040 e ISO 14044, che permette di quantificare gli impatti ambientali potenziali legati a un prodotto, processo o servizio. È importante premettere che la LCA è uno strumento di supporto al decisore e deve essere utilizzato per effettuare comparazioni.

Uno studio LCA si divide in quattro fasi principali:

  1. Goal and Scope Definition in cui si definiscono i confini del sistema che vuole essere esaminato;
  2. Life Cycle Inventory (LCI) in cui si valutano le fasi del ciclo di vita che si vogliono considerare (ad esempio estrazione materie prime, trasporto, produzione, utilizzo, fine vita, ecc.) e si quantificano i flussi di materia ed energia ad esse associate. In aggiunta si valutano le emissioni inquinanti, dettagliate o funzionali;
  3. Life Cycle Impact Assessment (LCIA) è la fase in cui i flussi individuati nella fase di LCI vengono trasformati in impatti ambientali potenziali. Per fare ciò si utilizzano dei modelli di caratterizzazione, basati su meccanismi fisici reali, che trasformano i flussi della fase LCI in indicatori standard appartenenti a categorie di impatto. Generalmente i modelli di caratterizzazione restituiscono diverse categorie di impatto ambientale potenziale come Global Warming Potential (cioè potenziale di riscaldamento globale, legato a cambiamento climatico e gas serra), Fossil Resource Scarcity (legato al consumo di risorse fossili), Water Use (legato al consumo di risorse idriche), ecc;
  4. Interpretation è la vera e propria fase di interpretazione dei risultati e di comparazione dei sistemi in esame.

Nello studio vengono presi in considerazione i materiali più utilizzati nel settore del packaging. Non sono gli unici ma quelli più rappresentativi:

  • LDPE (polietilene a bassa densità)
  • HDPE (polietilene ad alta densità)
  • PP (polipropilene)
  • PVC (polivinilcloruro)
  • PS (polistirene)
  • EPS (polistirene espanso)
  • PET (polietilene tereftalato)

I materiali alternativi, utilizzati cioè per costruire un packaging alternativo a quello plastico sono:

  • Acciaio
  • Alluminio
  • Vetro
  • Carta/cartone (includendo laminati e compositi, materiali corrugati, ecc)
  • Fibre
  • Tessuto
  • Legno
  • Sughero (per tappi e chiusure)
  • Gomma (per tappi e chiusure)

Lo studio analizza due scenari possibili: il primo detto di “no decomposition” in cui non si considera la decomposizione di materiale in discarica e il secondo detto di “maximum decomposition” in cui si considera la massima decomposizione possibile del materiale in discarica (ad esempio CO2 prodotta in discarica da packaging proveniente da materiale bio).

Figura 3: Risultati dello studio in termini di categorie di impatto in USA
Figura 4: Risultati dello studio in termini di categorie di impatto in Canada

Le categorie di impatto considerate sono diverse, come è possibile notare dalla Errore. L’origine riferimento non è stata trovata. e dalla Errore. L’origine riferimento non è stata trovata.. Le prime 5 sono categorie di LCI (ovvero legate a flussi calcolati in fase di inventario) mentre le ultime 5 sono categorie di LCIA (ovvero calcolate attraverso un modello di caratterizzazione).

I risultati sono mostrati con grafici a barre normalizzati in cui è espresso il valore percentuale rispetto al valore massimo calcolato. I risultati per USA e Canada mostrano che la plastica ha un impatto minore, in tutte le categorie considerate, rispetto ai packaging alternativi ed in entrambi gli scenari. La motivazione principale è l’estrema leggerezza della plastica. Laddove gli impatti per kg potrebbero essere più elevati per la plastica, infatti, sono necessari molti più kg di imballaggi sostitutivi a parità di unità funzionale, cioè a parità di tipologia di imballaggio. Si stima, cioè, che sia necessario un peso almeno 4 volte superiore di materiale alternativo per produrre un prodotto con la stessa finalità.

Fattori che influenzano i risultati

  • Gli imballaggi in plastica pesano meno degli imballaggi alternativi, a parità di funzione;
  • Minor consumo di acqua per la produzione di 1 kg di plastica rispetto ad 1 kg di alternative;
  • Non c’è decomposizione per la plastica in discarica;
  • Maggiore contenuto energetico nella plastica che si traduce in un maggiore recupero energetico in pratiche di waste-to-energy.

La questione energy mix
I risultati sono influenzati, tra le altre cose, dalla composizione del mix energetico del paese in cui viene effettuata l’analisi LCA (energy mix).

Figura 5: energy mix per USA e Canada, fonte: dati IEA

L’energy mix canadese è meno dipendente da fonti fossili e questo impatta positivamente sul consumo di energia (total energy demand), sulle emissioni di gas serra e sulle categorie di rifiuti solidi legati ai combustibili. Di contro, l’elevata dipendenza da idroelettrico incide negativamente sul consumo di acqua. La composizione percentuale dell’energy mix italiano è molto simile a quello canadese quindi per quanto riguarda le categorie collegate, possiamo aspettarci dei risultati nello stesso ordine di grandezza.

Figura 6: energy mix italiano, fonte: dati IEA

In conclusione, è possibile affermare che, nonostante la campagna di demonizzazione, gli imballaggi in plastica sono la soluzione più sostenibile.

Autore
Rosario Tolomeo

Laureato in Ingegneria Chimica. Ingegnere abilitato dal 2018.
Ingegnere di processo e consulente prima, Ph.D. Student in Industrial Engineering, presso l’Università degli Studi di Salerno, su veicoli elettrici e batterie al litio ora. Autore su energycue.it da maggio 2019. Segretario e responsabile della comunicazione presso adiunisa.it.
Appassionato di tecnologia, scienza, Giappone, energia e sostenibilità a tutto tondo.

Fonti

marketsandmarkets.com – Flexible Plastic Packaging Market by Type – https://www.marketsandmarkets.com/Market-Reports/flexible-packaging-market-1271.html

mordorintelligence.com – flexible packaging market – growth, trends, covid-19 impact, and forecasts (2021 – 2026) – https://www.mordorintelligence.com/industry-reports/flexible-packaging-market

grandviewresearch.com – Flexible Packaging Market Size & Trend Analysis Report By Raw Material – https://www.grandviewresearch.com/industry-analysis/global-flexible-packaging-market

https://www.woodmac.com

forbes.com – Is Paper A More Sustainable Flexible Packaging Material Than Plastic? – https://www.forbes.com/sites/woodmackenzie/2020/08/24/is-paper-a-more-sustainable-flexible-packaging-material-than-plastic/

americanchemistry.com – life cycle impacts of plastic packaging compared to substitutes in the united states and canada – https://plastics.americanchemistry.com/Reports-and-Publications/LCA-of-Plastic-Packaging-Compared-to-Substitutes.pdf

americanchemistry.com – ACC (2012). The Resin Review: The Annual Statistical Report of the North American Plastics Industry, American Chemistry Council, 2012 Edition – https://plastics.americanchemistry.com/Jobs/EconomicStatistics/Plastics-Statistics/

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