Negli ultimi anni, il tema della sostenibilità ambientale del packaging ha generato numerose riflessioni sulle buone pratiche da applicare nel quotidiano, sia in fase di progettazione che di sviluppo. Nuovi regolamenti di caratura europea e nazionale si sono spesso sovrapposti, con norme tecniche e linee guida sviluppate in via autonoma da singoli enti o imprese (e a volte male interpretate dalle rispettive campagne di comunicazione) generando spesso confusione: un approccio non organico e scientifico su argomenti che, invece, richiederebbero competenza e professionalità. Certo, le logiche di mercato non andrebbero ignorate, ma in un contesto così complesso diventa rischioso per gli imprenditori assecondare pregiudizi o seguire solo il Mercato.
Il cambiamento spaventa sempre, da sempre. Eppure, disastri climatici ed emergenza pandemica ci hanno insegnato che il cambiamento è già qui e, dunque, bisogna saperlo affrontare e gestire, avvalendosi di fornitori in grado di poter misurare e affrontare le trasformazioni, in conformità alle richieste del mercato.
Prendiamo, a titolo di esempio, un anacardio: tostato, croccante, salato. Nell’immaginario comune quando si pensa a una confezione di anacardi, si visualizza una bustina metallizzata necessaria a conservarne la fragranza e la croccantezza per un lungo tempo. Poco importa se tale confezione non sia riciclabile, la si considera lo scotto da pagare per preservare nel tempo le caratteristiche nutrizionali del prodotto, proteggere il brand, garantire una corretta conservazione.
Ma è proprio così?
Anacardio Packaging Case Study
L’anacardio ha una forma del tutto particolare, assomiglia a un di fagiolo o, meglio, a un rene o a un cuore in miniatura (infatti, lett. dal greco kardia, cuore).
Gli anacardi possono essere classificati come alimento ipercalorico, con un contenuto lipidico che oscilla tra il 42 e 46%. Andando però a scandagliare la frazione lipidica vediamo che è composta da una percentuale molto alta dei cosiddetti “grassi buoni”:
- Monoinsaturi totali (%): 24,9
- Polinsaturi totali (%): 8,2
Una revisione condotta dall’EFSA, l’ente Europeo che si occupa di sicurezza alimentare, ha concluso che un adeguato apporto di grassi mono e poli insaturi promuove un aumento dei livelli di colesterolo HDL, comunemente detto colesterolo buono. Ciò significa che non si deve considerare esclusivamente il contributo calorico dell’alimento, bensì valutare la qualità dei nutrienti contenuti e rapportare le quantità alla porzione di consumo[1].
La tecnologia di confezionamento classica di questo prodotto prevede la chiusura dello stesso all’interno di un film plastico flessibile composto da tre strati; PP + PETmetallizzato +PE (STD).
Questo tipo di poliaccoppiato, da noi definito standard, per sua stessa natura non è riciclabile. Con un lavoro di sperimentazione durato circa un anno, abbiamo certificato una nuova soluzione di confezionamento che, uniformando le materie prime alla base del poliaccoppiato, rende l’imballaggio finale conforme a tutti i criteri di riciclabilità.
Qui di seguito si riportano i risultati della sperimentazione, da cui si evince che la conservazione del prodotto e le sue caratteristiche nutrizionali non sono intaccate dal cambiamento di struttura.
Tutti i dati della sperimentazione Flessofab
La performance della tipologia standard di packaging è stata posta a confronto con due nuove tipologie di film poliaccoppiati monomateriale base PP. Il primo composto da tre strati di PP ma con un cuore di PP metallizzato (METAL), il secondo è composto da solo due strati di PP senza alcuna metallizzazione ma con una barriera (TPS). La scelta di testare due film con una differente barriera ottica non è stata casuale ma volta a verificare l’impatto di fenomeni ossidativi a carico delle radiazioni luminose. Lo studio che ci ha visto coinvolti è durata un anno con monitoraggi mensili ed i parametri di monitoraggio sono stati, ossigeno residuo, Acidità (espressa come acido oleico), numero di perossidi (meq =O2/kg prodotto) e profilo sensoriale, il tutto per avere sott’occhio non solo parametri classici di irrancidimento ed ossidazione, ma soprattutto per valutare ed oggettivizzare l’evoluzione delle caratteristiche organolettiche del prodotto al tempo zero (appena imbustati) fino al TMC (termine minimo di conservazione fissato a 12 mesi)
Di seguito il dettaglio delle strutture testate:
Struttura | Codice | Etichettatura | Riciclabilità materiali |
COES+PETM+PE | Standard (STD) | Plastica 7 | No |
COES+COESmet+CPP | Tiplice (METAL) | PP 5 | No |
COES+CPPbarriera* | Duplex (TPS) | PP5 | Si (UNI 10667-3) |
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E’ importante puntualizzare che le “famiglie” di strutture qui elencate rappresentano solo la parte finale di una serie di valutazioni atte a definire le migliori combinazioni fra materiali, spessori, tipologie di barriere, adesivi ed additivi. Ognuno di queste componenti è caratterizzata da numerose variabili, pertanto risulta fondamentale gestire sapientemente tutti questi fattori al fine di ottenere la soluzione più calzante per le esigenze ricercate.
I risultati di questo studio si sono rivelati interessanti soprattutto se considerata la “storia” in termini di tempo e diffusione di utilizzo della struttura che nel nostro breve trattato abbiamo considerato standard.
Adiamo a commentarli:
Ossigeno residuo %: Il confezionamento della frutta secca avviene attraverso l’utilizzo di un gas inerte: l’Azoto. Questo è un gas inerte che solitamente viene usato per lo spostamento d‘aria, vale a dire in particolare di ossigeno atmosferico, nel confezionamento di alimenti. Questo impedisce l‘ossidazione degli alimenti e inibisce la crescita di microrganismi aerobi. E spesso utilizzato come gas di sostegno o riempimento, in quanto diffonde molto lentamente attraverso film plastici e quindi rimane più a lungo nella confezione. Ebbene partendo da valori di % di O2 paragonabili dei tre film a tempo 0, dopo i 12 mesi di prova i tre film hanno presentato valori similari in termini di ossigeno residuo, valori questi molto interessanti soprattutto considerando che tra le strutture in esame è presente una struttura (duplex) le cui performance in termini di barriera si sono dimostrate paragonabili alla metallizzazione.
Acidità %: L’acidità di un grasso è data dalla quantità di acidi grassi liberi, che si formano in seguito alla lipolisi e si esprime in grammi di acido oleico/100 grammi di olio. La lipolisi è una reazione di idrolisi che interessa la struttura dei trigliceridi, innescata in presenza di acqua e catalizzata da metalli, luce e calore generando acidi grassi liberi i quali, essenzialmente, sono causa di irrancidimento negli alimenti. Anche in questo caso i dati evidenziano che delle tre strutture analizzate quella che mostra l’interazione migliore è quella con il film in PP/MET metallizzato, segue poi la struttura trasparente ed infine quella standard. Interessante evidenziare come la struttura duplex trasparente con barriera mostri campioni con grado di irrancidimento al 12° mese di tutto rispetto.
Perossidi meq O2/Kg: Il contenuto in perossidi, indica il grado di ossidazione primaria di un grasso. Da un punto di vistachimico l’irrancidimento è una reazione spontanea dei grassi ossia un’ossidazione dovuta ai radicali liberi degli acidi insaturi a contatto con l’ossigeno dell’aria. Anche in questo caso parliamo di una reazione che porta nel tempo ad irrancidimento e riduzione delle caratteristiche organolettiche del prodotto. Dai dati raccolti, le tre strutture presentano al 12 mese di valutazione valori di perossidi molto simili dimostrando, di fatto, che un materiale barriera scelto con cognizione di causa, nel tempo dimostri di avere performance paragonabili ad una metallizzazione in termini di protezione del prodotto
Analisi Sensoriale: Se i valori considerati in precedenza sono parametri standard per i controlli qualità, l’analisi sensoriale assume un peso diverso e in proporzione più importante in quanto si avvicina maggiormente all’esperienza dell’utilizzatore finale del prodotto, ossia del consumatore. Dalle osservazioni raccolte il prodotto a scadenza (12 mesi) si presenta gradevole all’assaggio e gli indicatori scelti per la valutazione non risultano essere significativamente differenti in funzione della tipologia di confezionamento. Queste evidenze confermano che la “plastica”, se opportunamente progettata, è uno strumento fondamentale per la riduzione degli sprechi alimentari e per il mantenimento delle caratteristiche nutrizionali. Si fa notare che a parità di qualità organolettica alla fine del termine di conservazione le strutture alternative a quella standard presentano valori di resa significativamente migliori, tradotto: risparmio ed efficienza
La sostenibilità Flessofab
La sfida cui la Ricerca Flessofab è chiamata a rispondere ogni giorno è tanto avvincente quanto complessa: qual è il filo comune che tiene insieme Tecnologie alimentari, Nutrizione, Packaging in un’ottica di sostenibilità?
In primo luogo, bisogna far chiarezza sul concetto di “prodotto” o “sviluppo sostenibile”. Le definizioni possibili sono molteplici, ma quella che riteniamo più adeguata è “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” (Gro Harlem Brundtland, 1987).
Ci troviamo di fronte a questioni complesse, senza soluzioni facili o univoche. Quello che noi riteniamo corretto, di fatto, è che risulta necessario inquadrare il sistema di imballaggio andando oltre il mero concetto di “sostenibilità” vista come obiettivo, da considerare invece come contesto in cui muoversi in fase di progettazione, curando al contempo gli aspetti inerenti la sfera nutrizionale e la conservazione del prodotto alimentare: sostenibilità ambientale dell’imballaggio associata alla funzionalità tecnologica è il valore aggiunto che Flessofab attribuisce ai propri prodotti con un approccio di tipo Tecnologico – multidisciplinare. Una visione che è frutto di studio, dedizione ed esperienza.
Negli ultimi anni, Flessofab ha concentrato gran parte del proprio lavoro di ricerca sullo studio delle materie prime che potessero generare packaging sostenibili.
Da qui è partito un articolato progetto di sviluppo volto ad individuare soluzioni di packaging più leggeri, riciclabili o biodegradabili, tenendo sempre presente la destinazione d’uso dei prodotti, ovvero la capacità di garantire la shelf life del prodotto confezionato. Il valore aggiunto di un contenitore, infatti, è quello di mantenere inalterato o addirittura migliorare la problematica dei rifiuti alimentari.
Gli alimenti sono dei sistemi complessi in cui coesistono equilibri molto labili, che possono spostarsi in direzioni tali da comprometterne la qualità. I nutrienti di cui è composto qualsiasi alimento potrebbero subire modifiche inaccettabili o comunque svilenti il valore dell’alimento se lo sviluppo non avesse ben ponderato il sistema in cui esso andrà confezionato e movimentato. Sarebbero, insomma, molto limitate le Tecnologie Alimentari se non viste in modo simbiotico alle Tecnologie del Confezionamento. Ecco quindi collegati i tre ambiti: Tecnologie alimentari – Nutrizione – Packaging
Come nel caso di studio Anacardio, sovente le reali esigenze aziendali che i clienti ci sottopongono quotidianamente, e che noi facciamo nostre, ampliano i nostri punti di vista, diventando driver di cambiamento e di crescita.
Anacardio è solo il primo dei case studies Flessofab che saranno presentati nei prossimi mesi su questo blog. Per ulteriori approfondimenti ed eventuali quesiti, contattaci → vai al modulo contatti