Un packaging del tutto naturale

Come il genio di Bruno Munari descrive le regole della buona progettazione

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La plastica, soprattutto quella riciclata, è oggetto di numerose opere d’arte contemporanee di artisti che ne hanno fatto un mezzo espressivo della loro creatività e al contempo un’esigenza di comunicarne funzioni e opportunità di riutilizzo. SI pensi ad Alison McDonald e Annarita Serra, Von Wong o Veronika Richterovà, Mary Croteau e Sayaka Ganz, per citare qualche nome.

Ma è già con Bruno Munari che si ha la teorizzazione di un ruolo inedito della plastica ed un parallelo tra l’imballaggio e la natura che ben si adatta all’interpretazione della sua funzione. Difatti, Munari, artista, designer e scrittore italiano, “uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo”, come lo definisce l’Enciclopedia Treccani, riprende il rapporto tra forma e funzione, principio cardine del Bauhaus.
Secondo il Bauhaus, scuola tedesca di design e architettura dei primi del ‘900, “la forma segue la funzione”, in altre parole la forma è secondaria alla funzione. Ciò vale come fondamento del progetto, anche se in realtà è proprio la conoscenza approfondita della natura del materiale che consente di utilizzarlo secondo le sue caratteristiche estetiche, fisiche e strutturali, traendone il meglio in quanto a funzionalità.
Munari afferma che “Il designer cerca di costruire l’oggetto con la stessa naturalezza con la quale in natura si formano le cose, non inserisce nella progettazione il suo gusto personale ma cerca di essere oggettivo, aiuta l’oggetto a formarsi con i suoi propri mezzi”.

Questa modalità di progettazione, che parte dalla funzione per arrivare alla forma, sembra richiamare direttamente il principio che guida quello che oggi siamo abituati a chiamare “smart design”: applicato agli imballaggi non è altro che il design che privilegia la funzione rispetto all’estetica, pur senza abbandonarla del tutto, dato che smart significa intelligente, ma con stile.
E così una progettazione del packaging smart è quella che consente di raggiungere questi scopi:

  • ottenere un packaging che sia ridotto al minimo in quanto ad ingombro e a peso
  • aggiungere gli “accessori” giusti affinché possa essere aperto o impiegato facilmente
  • risparmiare materia prima e riutilizzare materiale riciclato

Insomma, fare quel che fa la natura, ovvero adattarsi all’evoluzione, ideando un oggetto che avrà la forma che meglio si addice all’uso che se ne farà.
Ed il genio di Munari arriva a creare un perfetto parallelo tra l’imballaggio e quanto prodotto dalla natura, applicando alla descrizione di un’arancia un effetto “straniamento” che presenta in maniera inedita il suo “progetto” di buccia come imballaggio del frutto che contiene.

“L’insieme di questi spicchi è raccolto in un imballaggio ben caratterizzato sia come materia sia come colore: abbastanza duro alla superficie esterna e rivestito con un’imbottitura morbida interna di protezione tra l’esterno e l’assieme dei contenitori. Il materiale usato è tutto della stessa natura, in origine, ma si differenzia in modo appropriato secondo la funzione. L’apertura dell’imballaggio avviene in modo molto semplice e quindi non si rende necessario uno stampato allegato con le illustrazioni per l’uso. Lo strato d’imbottitura ha anche la funzione di creare una zona neutra tra la superficie esterna e i contenitori così che, rompendo la superficie, in qualunque punto, senza bisogno di calcolare lo spessore esatto di questa, è possibile aprire l’imballaggio e prendere i contenitori intatti. Ogni contenitore è a sua volta formato da una pellicola plastica, sufficiente per contenere il succo, ma naturalmente abbastanza manovrabile. Un debolissimo adesivo tiene uniti gli spicchi tra loro per cui è facile scomporre l’oggetto nelle sue varie parti tutte uguali. […] L’arancia quindi è un oggetto quasi perfetto dove si riscontra l’assoluta coerenza tra forma, funzione, consumo…”


Altrettanto interessante e divertente è la descrizione che Munari fa dei piselli, altro esempio perfettamente riuscito di imballaggio: 

“Pillole alimentari di diversi diametri, confezionate in astucci bivalvi molto eleganti per forma, colore, materia, semitrasparenza e notevole semplicità di apertura. Sia il prodotto stesso che l’astuccio e l’adesivo derivano tutti da un’unica origine di produzione. Non quindi lavorazioni diverse su materiali diversi, da montare poi in una fase successiva di finitura, ma una programmazione di lavoro molto esatta, certamente frutto di un lavoro di gruppo”.

Non c’è dubbio che se l’arancia è il packaging perfetto, allora la natura è il più grande designer del mondo.

Autore
Monica Barile

Laureata in Scienze della Comunicazione, giornalista pubblicista dal 1999. Consulente web e social media marketing, gestisco la comunicazione per aziende del settore meccanico, autotrasporti, carburanti, turismo, food. In passato ho lavorato come addetto stampa per enti pubblici, società di calcio, consorzi di impresa e per eventi. Adoro la scrittura, la storia, la poesia, leggo libri di avventura e invento storie sugli animali per mio figlio.

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