Quello di sostenibilità è un concetto ampio che va ben al di là del semplice aspetto ambientale. Per definire quindi un prodotto, un processo o un servizio “sostenibile” è necessario che lo sia dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
L’ingegnerizzazione e successiva applicazione dei materiali polimerici ha, indubbiamente, portato vantaggi alla specie umana: elettronica, medicina, energie rinnovabili, food, trasporti sono solo alcuni dei settori in cui le materie plastiche hanno sancito un cambiamento radicale.
La campagna #plasticfree demonizza e condanna l’utilizzo dei materiali plastici ma, tende a distogliere l’attenzione dal problema reale: “l’utilizzo che si fa delle plastiche”.
Le plastiche sono materiali ingegneristicamente eccellenti: flessibilità, resistenza, leggerezza, ottime proprietà termiche, elettriche e chimiche sono solo alcuni dei motivi per cui non possiamo semplicemente farne a meno. Le plastiche, infatti, forniscono un immenso contributo alla sostenibilità ambientale grazie alla riciclabilità, che però pone problemi sulla qualità della materia prima seconda, e all’energy saving potential.
Uno studio del 2016 condotto dalla Trucost per l’American Chemistry Council ha provato a quantificare l’impatto benefico dell’utilizzo della plastica rispetto alle alternative possibili.
Per tutti i possibili settori di applicazione dei materiali polimerici, è stato immaginato di sostituire questi ultimi con uno o più materiali differenti e calcolare gli impatti ambientali potenziali correlati. I materiali considerati alternativi alla plastica sono i seguenti:
- Acciaio, ferro e latta
- Alluminio
- Vetro
- Carta e Cartone
- Tessuti
- Legno
- Lana di roccia
- Pelle
- Resina e gomma
A partire dagli studi di Denkstatt (2011) e Franklin Associates (2013), attraverso i dati di Trucost, sono ricavati i rapporti di sostituzione tra plastica e altri materiali e sono mostrati nella tabella successiva.
Per ogni settore del mercato dei beni di consumo è stata inoltre calcolata la distribuzione dei materiali che compongono l’alternativa affinché il prodotto garantisca la stessa funzione. Nella figura seguente vengono mostrate, sinteticamente, le composizioni delle varie alternative.
1 Denkstatt. 2011. The impact of plastics on life cycle energy consumption and greenhouse gas emissions in Europe
2 Franklin Associates. 2013. Impact of Plastics Packaging on Life Cycle Energy Consumption and Greenhouse Gas Emissions in the United States and Canada
Calcolati i rapporti di sostituzione è stato valutato l’impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita con un approccio cradle-to-grave (dalla culla alla tomba): questo approccio, tipico della metodologia della Life Cycle Assessment, prende in esame i processi a partire dall’estrazione delle materie prime fino all’end of life (EoL) del prodotto, smaltimento o riciclo che sia. La Life Cycle Assessment è una metodologia standardizzata, e normata dalle UNI EN ISO 14040 del 2006 e UNI EN ISO 14044 del 2018, che permette proprio di valutare gli impatti ambientali potenziali legati ad un processo, un prodotto o un servizio.
La quantificazione degli impatti ambientali potenziali viene poi effettuata attraverso modelli di calcolo che trasformano i flussi di materia ed energia in “riscaldamento globale”, “eutrofizzazione”, “acidificazione”, ecc. Questi stessi modelli permettono, inoltre, di trasformare gli impatti ambientali in danni alla salute umana, all’ecosistema e al consumo di risorse. Gli impatti ambientali mantengono un significato fisico concreto mentre i danni sono parametri sintetici che permettono, più agevolmente, di prendere decisioni nel caso di confronti tra prodotti, processi e servizi. In aggiunta gli impatti calcolati sono stati espressi in termini monetari ($) così da valutarne il costo sociale.
PLASTICA VS ALTERNATIVE: COSTI AMBIENTALI
Dallo studio emerge che il costo ambientale di una tonnellata di plastica è leggermente superiore a quello di una tonnellata di materiale alternativo (valore medio, ndr). Ciò che fa davvero la differenza è, però, come sia necessario il 400% di materiale alternativo per garantire la stessa funzionalità al prodotto. Di conseguenza, a parità di oggetto (o unità funzionale), la plastica garantisce un costo ambientale pari al 25% dell’alternativa.
L’alluminio, spesso indicato come sostituto della plastica, rappresenta, mediamente, il 6% in massa del mix di materiali alternativi usati per sostituire i materiali polimerici. È responsabile, però, di circa il 39% dei costi ambientali, a causa dell’elevata richiesta energetica dei processi produttivi. Lo stesso discorso può essere fatto per il vetro che, però, vanta la più alta riciclabilità (100%) e quindi restituisce impatti e costi ambientali potenzialmente più bassi.
IL BENEFICIO DI UN USO PIÙ SOSTENIBILE DELLA PLASTICA
La plastica si dimostra più sostenibile delle potenziali alternative ma il costo ambientale legato al suo utilizzo in tutto il settore dei beni di consumo potrebbe, comunque, superare presto i 209 miliardi di dollari.
Un utilizzo più sostenibile dei materiali polimerici potrebbe quindi contribuire a ridurre l’entità di questi costi ambientali:
- Bioplastiche – hanno la potenzialità di ridurre dal 30 all’80% le emissioni di gas serra rispetto alle plastiche tradizionali. Potrebbero determinare problemi di competizione tra terreni da dedicare a produzione agricola o di biomassa. Una possibile soluzione è quella di usare residui da altri settori produttivi oppure utilizzare biomasse ad elevata efficienza che richiedono terreni dalle ridotte dimensioni per essere prodotte;
- Plastiche biodegradabili – possono essere plastiche tradizionali o bioplastiche e presentano additivi che ne incrementano la biodegradabilità. Questa soluzione potrebbe risolvere il problema dell’accumulo di plastica nell’ambiente ma potrebbe impattare negativamente sul bilancio netto di gas serra. Potrebbe, inoltre, essere necessario comunque predisporre strutture di raccolta e trattamento perché la velocità di degradazione sarebbe funzione della composizione del materiale plastico. Uno studio recente spiega, inoltre, come l’adozione delle attuali tecnologie di biodegradazione delle plastiche non sembra ridurre la quantità di materiali polimerici che impattano sugli oceani;
- Progettazione per il riciclo – progettare il packaging plastico tenendo in considerazione la fase di riciclo potrebbe massimizzare la capacità di recupero dei materiali polimerici. Proprio in questa ottica esistono linee guida che aiutano i produttori alla fase di progetto.
CONCLUSIONI
Immaginare di sostituire la plastica dalla società moderna è un pensiero che lascia il tempo che trova. La nostra società è così profondamente basata sui materiali polimerici da esserne indissolubilmente legata. La motivazione principale di ciò è che la plastica è un materiale profondamente efficace ed efficiente. Ciò che deve cambiare è, quindi, l’utilizzo che se ne fa e ripensare processi e prodotti per renderli ancora più efficienti:
- Immaginare di alimentare i processi manufatturieri dei materiali polimerici con energia rinnovabile contribuirebbe a ridurne significativamente l’impatto in termini di emissioni di gas serra (dal -15% al -30%), inquinamento dell’aria, acqua e terra. Ciò si tradurrebbe in una diminuzione dei costi ambientali fino a 15 miliardi di dollari;
- Ripensare i prodotti facendo in modo di utilizzare meno plastica (ad esempio passando da packaging rigido a flessibile) potrebbe portare ad una ulteriore riduzione dei costi ambientali fino a 15 miliardi di dollari;
- Il trasporto, insieme alla produzione, dei materiali plastici rappresenta il 25% circa dei costi ambientali totali (circa 50 miliardi di dollari). L’utilizzo di sistemi di propulsione più efficaci ed efficienti (elettrico, idrogeno, ibrido, a basse emissioni) potrebbe ridurre questo valore fino a 11 miliardi di dollari;
- L’implementazione di politiche di economia circolare con conseguente miglioramento dei sistemi di raccolta e riciclo potrebbero avere enormi impatti in Europa, Asia e Nord America riducendo i flussi di materie plastiche che finiscono negli oceani.